Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-06-2014, n. 13771. La transazione avvenuta tra due comuni non è opponibile al comune successivamente ricostituito a partire dal territorio di uno di essi. E i diritti quesiti?

Il Comune di Micigliano fu soppresso nel 1928 e il suo territorio accorpato al Comune di Antrodoco. Già nel 1810 una sentenza della Commissione feudale aveva dichiarato come di demanio civico di Micigliano i monti e i boschi siti nel suo comprensorio rurale. Otto anni dopo l’incorporazione, il Comune di Antrodoco concludeva con il Comune di Rieti una transazione, con il rispetto di tutte le forme della legge del 1927, con cui riconosceva la piena e libera proprietà di quest’ultimo su un terreno conteso all’allora Comune di Micigliano da parte dei naturali di una frazione di Rieti, in cambio della realizzazione di una strada e della fornitura di acqua potabile.
Il Comune di Micigliano fu ricostituito nei suoi confini nel 1948 e quarant’anni più tardi adì il giudizio commissariale per essere reintegrato nel terreno di demanio civico ceduto a Rieti con la transazione del 1936. Il Commissario accolse la domanda del Comune di Micigliano, ma la sentenza fu integralmente riformata dalla Corte d’Appello di Roma, sezione usi civici, la quale affermò essere valida la transazione del 1936, che comunque avrebbe contemperato gli interessi tra le parti.

Il ricorso in Cassazione del Comune di Micigliano fu affidato a quattro motivi, nessuno dei quali è stato vagliato dalla Corte. Questa ha difatti deciso rilevando d’ufficio un precedente giudicato di Cassazione, intervenuto su una causa civile per il risarcimento per il taglio di un bosco. In questa sentenza la Corte ha stabilito che il provvedimento normativo di ricostituzione del Comune di Micigliano nei suoi confini del 1928 aveva riportato il bosco poi tagliato nella sua proprietà, e che pertanto il Comune di Rieti non poteva aver patito alcun danno. La sentenza in commento rileva l’esistenza di questo giudicato esterno per inferirne la ricostituzione di una proprietà del Comune di Micigliano sui terreni ceduti con la transazione del 1936.

La sentenza desta alcuni interrogativi. Allorché fu fatta la transazione, nel 1936, il Comune di Antrodoco era per legge l’ente rappresentativo dei naturali di Micigliano, titolari dei diritti su quel demanio civico prima corrispondente al territorio di un Comune, e successivamente al territorio di una frazione di un Comune più vasto. La Suprema Corte avrebbe dunque dovuto porsi la questione, pur ampiamente sollevata nel giudizio, della validità della transazione del 1936, ampiamente pregiudiziale alla tesi seguita. Se la si ritiene valida, essa ha fatto acquistare diritti non al Comune di Rieti come ente, ma come rappresentante dei suoi naturali e specificatamente di quelli della frazione di Vazia, che di quei terreni rivendicavano l’uso da tempo. Ciò avrebbe dovuto portare a una lettura conforme alla Costituzione (che tutela per definizione i diritti quesiti) del provvedimento legislativo che ha ricostituito il Comune di Micigliano, dal  quale si sarebbe dovuto escludere, di stretta conseguenza, il terreno oggetto di transazione.
Questa, d’altra parte, presentava un vizio che ha pesato sulla vicenda processuale: essa trasferiva la “piena e libera proprietà” del fondo da un comune all’altro, pur sotto lo strumento del “riconoscimento” di un diritto precedentemente esistente, laddove avrebbe dovuto riconoscere la demanialità civica del terreno a favore dei naturali di Rieti o di una sua frazione, per poi avviare la quotizzazione. Ipotizzando il terreno come tutto in categoria a (bosco e pascolo), lo stesso si sarebbe dovuto mantenere aperto agli usi degli abitanti, a norme dell’art. 26 della l. 1766/27.

Da qui un possibile argomento a favore della tesi della Cassazione: la transazione non avrebbe liquidato gli usi civici, trasferendo il terreno nel patrimonio del Comune, il quale avrebbe poi dovuto consentirli alla popolazione, ma questa volta sul titolo dato dalla legge, non dalla proprietà originaria e collettiva degli abitanti. Non avendolo fatto, la transazione del 1936 può essere intesa solo come un atto consensuale di regolazione dei confini comunali, come tale perfettamente revocabile negli effetti da una legge, non tacciabile a quel punto di incostituzionalità, perché non avrebbe inciso su alcun diritto quesito, individuale come collettivo.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-06-2014, n. 13771 (giudizio demaniale)

Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-03-2013, n. 7200  (precedente giudizio civile)