L’accertamento dell’erroneo inserimento di un terreno nel demanio marittimo priva di titolo la domanda di usucapione e quella di avvenuta sdemanializzazione. Cass. civ. Sez. II, Sentenza 11 giugno 2015, n. 12155

Un privato ottiene in concessione fin dal 1961 un terreno prospiciente il mare, compreso entro il confine del demanio marittimo. Vi costruisce, e dopo anni il proprietario privato confinante (la Società delle Bonifiche Sarde) chiede che venga riconosciuta la sua proprietà di una parte del terreno su cui il fabbricato è edificato, dichiarandosi disposta a versargli l’indennità prevista dall’art. 938 c.c..

Il privato agisce dinanzi al Tribunale, che gli dà torto, ravvisando che il terreno da lui chiesto in concessione decenni prima non era in realtà demaniale né lo era mai stato, non potendo, anche per la sua soprelevazione, ritenersi parte del “lido del mare”.

La Cassazione dichiara incensurabile dinanzi a sé questa valutazione, e ne fa discendere alcune conseguenze molto importanti per la ricostruzione giuridica dell’istituto del demanio marittimo.

La prima: la pronuncia con cui si accerta l’inesistenza in un dato terreno delle qualità naturali proprie del demanio marittimo non comporta la sdemanializzazione del bene, né la sua trasformazione da bene demaniale in bene del patrimonio disponibile. Tale accertamento, prosegue la Corte, può derivare solo da una domanda tendente a riconoscere una diversa  proprietà  sul bene, e si risolve pertanto in una ridefinizione di confini tra la proprietà pubblica e quella privata finitima.

La seconda: il possesso pacifico e ininterrotto di un bene che si crede da tutti demaniale non vale a fare acquistare al possessore la proprietà dello stesso. Finché il bene è ritenuto essere di demanio marittimo, esso si crede perciò non alienabile e non usucapibile: manca quindi al possessore l’animus possidendi, per come gli manca il requisito della buona fede nei confronti del terzo rivendicante, visto che anche questi era convinto che il bene non potesse essere usucapito da alcuno.

 

 

Cass. civ. Sez. II, Sentenza 11 giugno 2015, n. 12155