L’Isola di Budelli torna al suo proprietario, secondo la legge. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 13 aprile 2015 n. 1854

È stata depositata ieri la sentenza del Consiglio di Stato che pone fine alla vicenda dell’isola di Budelli, acquistata da un cittadino neozelandese per oltre 2 milioni di euro in una procedura esecutiva contro la società immobiliare che ne era divenuta proprietaria tempo addietro. La vicenda aveva destato particolare scalpore  sugli organi di stampa, tanto da spingere l’ente Parco della Maddalena a esercitare il provvedimento di prelazione previsto dall’articolo 15 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). Per il finanziamento dell’acquisto in via di prelazione la legge di stabilità per il 2014 (L. 147 del 27 dicembre 2013, art. 1 comma 115) aveva disposto l’autorizzazione alla spesa di 3 milioni di euro, derogando espressamente al divieto di acquisto di immobili a titolo oneroso da parte di amministrazioni pubbliche, precedentemente disposto dal decreto-legge 6 luglio 2011 numero 98.

L’ acquirente aveva  fatto ricorso dinanzi al Tar Sardegna contro il provvedimento con cui veniva esercitata la prelazione nel processo esecutivo. Il Tar aveva respinto tutti motivi di ricorso, riproposti nelle censure  dinanzi al Consiglio di Stato.  Questo riforma totalmente la sentenza appellata e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato in primo grado accogliendo il primo motivo di ricorso, giudicato assorbente rispetto a tutti gli altri.

Il punto è questo: l’articolo 15 della legge 6 dicembre 1991 numero 394 prevede la possibilità per l’ente Parco – l’ente di diritto pubblico che, a termini del precedente art. 9, gestisce le aree protette –  di acquisire mediante espropriazione o esercizio del diritto di prelazione negli acquisti a titolo oneroso beni immobili privati. L’esercizio del diritto di prelazione può essere disposto, a termini del comma cinque dello stesso articolo,  solo sulle aree “di cui all’articolo 12, comma 2, lettere a) e b)”.

L’art. 12  stabilisce che l’ente parco deve, entro 18 mesi dalla sua istituzione, predisporre un piano del parco, che deve disciplinare i vincoli e, soprattutto, suddividere il territorio in base a un diverso grado di protezione ambientale. Per questo, il secondo comma dell’articolo 12  prevede quattro categorie, dalla lettera a) alla lettera d). L’esercizio di un diritto di prelazione  nei trasferimenti a titolo oneroso è quindi ammesso solo sulle aree ricadenti nelle prime due categorie: riserve integrali nelle quali l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità (a) e riserve generali orientate (b).

Non essendo mai stato predisposto il piano del parco, doveva ritenersi, a giudizio del ricorrente, che l’esercizio del diritto di prelazione fosse illegittimo, perché privo della base normativa data dallo strumento previsto dalla legge.

Il Tar Sardegna respinse il ricorso ritenendo che  la cartografia allegata al decreto attuativo della legge istitutiva del Parco nazionale Arcipelago della Maddalena (l.  4 gennaio 1994 n. 10)  nel momento in cui descriveva il territorio dell’isola di Budelli come “zona di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e storico o con maggiore grado di antropizzazione” potesse validamente supplire al piano del parco, all’epoca non ancora  approvato.

Il Consiglio Di Stato, con una decisione perfettamente in linea con la sua giurisprudenza, afferma invece che un atto sostanzialmente espropriativo quale l’esercizio del diritto di prelazione nell’acquisto a titolo oneroso tra terzi può essere disposto solo negli stretti termini di legge, e che pertanto abbisogna del piano del parco, le cui disposizioni non possono essere  ricostruite a posteriori con un’operazione analogica dal giudicante.

La decisione è, in questo, ineccepibile: il piano del parco non è una pura formalità rispetto alla legge istitutiva, ma è l’atto amministrativo con cui l’ente preposto alla gestione individua i vincoli e le aree potenzialmente espropriabili, cosa che riesce di garanzia soprattutto ai proprietari privati, i quali sono messi in condizione di orientare i propri investimenti. Nulla di tutto ciò può avvenire, ovviamente, se il piano del parco non risulta approvato a oltre vent’anni dall’istituzione del parco stesso e del suo ente di gestione. Va sottolineato, sotto questo profilo, che il quinto comma dell’articolo 12 della legge 394 del 1991 stabilisce che, ove il piano non venga predisposto entro 18 mesi dalla costituzione dell’ente, a questi si sostituisca il ministro dell’ambiente, che deve provvedere con un proprio commissario ad acta: se nulla di tutto ciò è in fatto accaduto,  ciò non può tornare a danno di chi ha acquistato da una procedura esecutiva un bene che si trova, allo stato, privo di vincoli determinati.

Su questo profilo è invece criticabile l’ultima parte della motivazione della sentenza. Il Consiglio di Stato afferma qui che la proprietà privata dell’isola – esistente fin dal 1984, allorché il prefetto di Sassari autorizza l’alienazione  dell’intera superficie alla società poi pignorata –  non può che conformarsi al complesso di norme  “che nel tempo hanno preservato i valori ambientali e paesaggistici dell’isola e che rimangono in vigore nella loro interezza indipendentemente dall’esercizio della prelazione da parte dell’ente Parco, dato che la tutela prescinde dalla titolarità della proprietà e dal relativo regime, pubblico o privato che sia”.

In particolare, il Consiglio di Stato afferma che anche nella relazione peritale di stima allegata agli atti della procedura esecutiva, e quindi conosciuti dall’acquirente privato, fosse descritto un pesante regime di vincoli paesaggistici, ambientali e idrogeologici, i quali arrivano fino a impedire lo sbarco se non su indicazione delle guide dell’ente Parco. Ne deriverebbe, a giudizio del supremo  consesso, la “non conflittualità del regime privatistico della proprietà con la tutela del pubblico interesse” riaffermati anche dagli impegni assunti in udienza dal ricorrente per la protezione dell’isola, i quali prevedono anche la costituzione  di un’apposita fondazione in cui coinvolgere gli amministratori dell’ente.

Il Consiglio di Stato pare, con questo, confondere più piani: una cosa è eliminare il contenuto dispositivo del diritto di proprietà privata, fino quasi a escludere ogni possibile sfruttamento economico della stessa, per come deriva dai vincoli di legge esistenti sull’isola di Budelli, altra cosa è trasferire allo Stato, sotto la specie dell’ente parco, la proprietà dell’area.   L’interesse pubblico sotteso a questa seconda operazione non è lo stesso di quello presupposto dalla prima. La migliore prova è nel fatto che, allo stato degli atti,   l’autorizzazione delle guide dell’ente non è più sufficiente per lo sbarco sull’isola, dovendo questo necessariamente essere autorizzato dal privato proprietario. Se questi è limitato nell’uso della cosa, non trova tuttavia limiti nell’escludere terzi  dalla sua proprietà, il che è esattamente quanto la l n. 394 del 1991 intendeva evitare, disponendo la possibilità di avocazione al pubblico di proprietà private di rilevante pregio ambientale.

Un dato, questo, che non può essere superato dagli impegni di “co-gestione” assunti dal privato in udienza, e che mostra, se mai fosse bisogno, che  la tutela dei beni ambientali passa innanzitutto da una buona e tempestiva amministrazione, piuttosto che da tardive e onerose resipiscenze, fatte sull’onda dell’emergenza.

Cons. Stato 13 aprile 2015 n. 1854