Isola di Budelli. A proposito di talune reazioni e commenti.

La sentenza del Consiglio di Stato che accoglie il ricorso di Michael Harte per l’acquisto dell’isola di Budelli  ha suscitato vari commenti, taluni dei quali meritevoli a loro volta di una breve nota.

Un articolo della Nuova Sardegna –  diffuso su Twitter  dall’ex ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio- afferma che la pronuncia del Consiglio di Stato non assicura la proprietà  dell’isola all’acquirente neozelandese poiché la  vendita in suo favore sarebbe stata “dichiarata nulla” dopo l’esercizio del diritto di prelazione da parte dell’Ente parco della Maddalena, ora annullato come illegittimo dalla sentenza depositata il 13 aprile scorso. Per l’effetto -prosegue l’articolo- Harte dovrebbe riproporre la sua offerta, visto che l’immobile  resterebbe nella “disponibilità del vecchio proprietario”.  Il giudice potrebbe perciò “interpretare diversamente” la sentenza del Consiglio di Stato e “riaprire i termini” per l’asta, cui potrebbe stavolta partecipare un più ampio numero di offerenti, tra cui sicuramente lo stesso ente Parco, il quale -cito testualmente- “ha già in tasca l’assegno di € 3.200.000 staccato dall’ex ministro dell’ambiente, Andrea Orlando”.

Tali commenti dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno,  come la complicata materia giuridica dei beni pubblici, culturali e ambientali, si presti a fondamentali  fraintendimenti, e ancor di più lo facciano le incoerenti e affrettate misure  prese per ovviare  all’ingiustificata inerzia pluridecennale della pubblica amministrazione.

Allo stato attuale, l’isola non è affatto tornata nella disponibilità del proprietario: essa è stata pignorata in una normale procedura esecutiva e resta pertanto nella responsabilità del giudice dell’esecuzione. Questi, d’altro canto, non può annullare il risultato dell’asta, che vede vincitore l’acquirente neozelandese, il quale ha un diritto quesito a pagare il prezzo di incanto e aggiudicarsi il bene.  L’esercizio del diritto di  prelazione non rende difatti nulla la procedura esecutiva,  che peraltro gli fornisce titolo, per come disse  correttamente anche la sentenza del Tar Cagliari riformata dal Consiglio di Stato.  Anche poi a voler ammettere che oggi il bene spunterebbe un prezzo maggiore, questo non sarebbe in sé titolo per il giudice per annullare tutti gli atti già compiuti, con grave pregiudizio dei creditori del debitore esecutato.

E’  poi da escludere che l’ente Parco abbia a disposizione la cifra di oltre 3 milioni di euro per provvedere all’acquisto.  Il comma 115  della legge di stabilità per il 2014 recita così testualmente: “Al fine di consentire l’esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto dell’isola di Budelli, in deroga al comma 1-quater dell’articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro nel 2014“. La spesa era autorizzata solo nel 2014, e solo per l’esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto: ne consegue che la stessa cifra non è disponibile nel 2015, e non comunque per la partecipazione a un’asta in condizioni di parità con altri  proponenti acquirenti.  Non è questione di cavilli:  le pubbliche amministrazioni hanno il divieto di acquistare beni immobili dal decreto-legge numero 98 al 2011, cui il comma 115 della legge di stabilità per il 2014 faceva eccezione, ma solo per il caso espressamente indicato.  Resta comunque che un diritto di prelazione non potrebbe essere esercitato fino all’approvazione del piano del parco, che ad oggi non risulta essere avvenuta.

Anche questo aspetto merita un’ulteriore precisazione: il piano del parco non è una mera formalità burocratica, ma è lo strumento attuativo della legge istitutiva del parco, per come previsto in genere dalla l n. 391 del 1994. L’istituzione di un parco  modifica la destinazione di tutti i beni che vi ricadono, pubblici come privati.  Queste nuove destinazioni devono essere indicate con precisione da uno strumento amministrativo (appunto il piano del parco) con cui l’ente preposto specifica sul territorio i vincoli genericamente indicati dalla legge. In questi termini, la predisposizione del piano del parco è garanzia del cittadino, che è messo in grado di conoscere esattamente i vincoli che da quel momento in poi verranno a condizionare la sua proprietà e, se  ritenuti illegittimi, a impugnarlo dinanzi alle sedi giurisdizionali competenti.  Vedere nel piano del parco un puro cavillo si traduce nel più totale arbitrio di applicazione della legge: senza piano, alla legge si potrebbe far dire una volta una cosa, una volta  un’altra. Da qui la decisione del Consiglio di Stato: senza il piano attuativo del parco un terreno privato non può essere  espropriato, né nella forma diretta né in quella indiretta del diritto di prelazione sull’acquisto, poiché né il venditore, né l’acquirente avrebbero potuto saperlo prima di disporsi all’affare.

In tutto questo, va ancora ricordato che l’adozione del piano del parco  era obbligatoria da parte dell’ente entro 18 mesi dalla sua costituzione e che, in mancanza, avrebbe dovuto provvedervi il ministero dell’ambiente.  Affidarne la redazione solo nel 2010 ad una associazione d’imprese la quale, dopo cinque anni, non sembra aver concluso i suoi lavori e in sé criticabile, al pari  dell’inerzia del Ministero dell’ambiente,  che dura fino ad oggi.