La Regione Abruzzo ha pubblicato alla fine dello scorso giugno la sua nuova legge circa l’istituzione dei distretti rurali. Questi sono definiti all’articolo 2 come “sistemi locali caratterizzati da identità storiche e territoriali omogenee” derivanti dalla particolare “integrazione” tra attività agricole, artigianali e turistiche, nonché di produzione di beni e servizi “coerenti con storia e vocazioni naturali del territorio”. I distretti saranno riconosciuti dalla Giunta regionale al termine di un procedimento che parte con l’istituzione di un comitato promotore, costituito tra enti locali e soggetti privati presenti con attività produttive nel territorio considerato. Ogni distretto sarà poi destinatario di un apposito piano adottato dalla Regione, i cui contenuti sono stabiliti dall’articolo 6 della legge nel segno della sostenibilità ambientale e della conservazione dei valori paesaggistici del territorio.
In quest’ambito, l’articolo 9 sostituisce integralmente l’articolo 16 della Legge regionale 3 marzo 1988 numero 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – esercizio delle funzioni amministrative).
Il nuovo testo dispone per le sole terre civiche di categoria a) (bosco e pascolo), stabilendo che esse sono gestite, oltre che dai Comuni e dalle Amministrazioni separate dei beni civici, attraverso “forme associative, consortili o contrattuali previste dal codice civile” promosse dai Comuni o dalle stesse ASBUC, cui possono partecipare anche gli altri proprietari pubblici e privati di beni agro-silvo-pastorali.
Una terza forma di gestione è quella della “concessione di utenza” delle terre civiche in favore di cooperative, consorzi, coltivatori diretti o imprenditori agricoli.
La prima forma di gestione, quella ordinaria dei Comuni o delle Amministrazioni separate, non ha bisogno di autorizzazione da parte dell’Amministrazione regionale. Tale autorizzazione è invece necessaria per la seconda forma organizzativa, mentre la terza è sottoposta ad una diversa autorizzazione, rilasciata dallo stesso “servizio regionale” che, a norma dell’articolo 4 della legge, presiede alla valutazione tecnica per l’individuazione dei distretti rurali.
La riforma dell’articolo 16 della legge numero 25 del 1988 esclude quindi la possibilità, prima prevista dalle lettere b) e c) del primo comma, di gestire terre civiche attraverso “aziende speciali di iniziativa dei Comuni, singoli o consorziati” come anche attraverso “convenzioni con società di capitali” partecipate dagli enti territoriali stessi.